Il mio viaggio in Italia è un bellissimo film documentario del 1999 diretto da Martin Scorsese sul cinema italiano.
Il film dura oltre quattro ore dove vengono mostrati e commentati dal regista spezzoni di film dei più grandi autori italiani: Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Federico Fellini, Roberto Rossellini.
L'opera è un omaggio a quel cinema che il il grande regista ha amato sin da bambino e che lo influenzerà moltissimo nella sua carriera .
Il grande regista commenta i capolavori del neorealismo italiano le cui scene principali scorrono sullo schermo permettendoci di riconoscere le fonti principali di ispirazione della sua stessa cinematografia.
Una storia del cinema italiano dalle origini agli anni Settanta attraverso lo sguardo di un italoamericano d'eccezione che dichiara di aver imparato ad amare il cinema guardando alla televisione i film italiani insieme ai nonni, ai genitori e al fratello. Grazie a questi film Martin Scorsese ha scoperto la sue origini e la propria identità culturale. Il lavoro, che ripercorre circa 130 titoli fino agli anni '70, apre e chiude con 'Paisà' di Rossellini e vuole essere un viaggio attraverso le risposte che i film italiani davano alle domande che si poneva il giovane Scorsese.
Quattro ore di immagini toccanti, un titolo che nel frattempo è diventato Il mio viaggio in Italia omaggio al cineasta più amato da Scorsese, Roberto Rossellini.
"La mia vita è stata
irrimediabilmente segnata dai film del neorealismo" racconta Scorsese -
Un'affermazione che è una dichiarazione d'amore e di intenti, l'inizio di un viaggio nella memoria personale oltre che
cinematografica. Viene evocata la famiglia di origini siciliane,
chiamata a raccolta intorno all'unico televisore posseduto dal padre del
regista: tutti insieme a piangere di fronte alle immagini di Sciuscià o Paisà
trasmessi appositamente una volta la settimana per gli italiani di Little
Italy.
Le immagini di riferimento
impresse nella memoria del regista sono le più toccanti e significative della
nostra cinematografia: il partigiano ucciso dai tedeschi e lasciato andare alla
deriva sulle acque del Po in Paisà; i bambini di Sciuscià, condannati dalla
povertà e destinati a finire in prigione se non addirittura a morire; il piccolo
Bruno di Ladri di biciclette, costretto a diventare adulto prima del tempo.
Da una intervista a Martin Scorsese
Come è nata l’idea di questo “viaggio”?
«In parallelo con la ricerca delle mie
origini. A metà degli anni ’70 ero convinto di essere italiano. Poi sono venuto
in Italia e ho capito di essere americano. Ma la mia ricerca è cominciata alla
fine degli anni ‘40, quando negli Stati Uniti vedevo – al cinema e alla
televisione - i film di De Sica, Visconti, Rossellini».
Questi film hanno influenzato il suo
lavoro?
«Sì, soprattutto hanno influenzato il
mio approccio al cinema. Per questo ritengo molto importante farli vedere alle
nuove generazioni. Il cinema non è fatto solo di blockbuster. “Il mio viaggio
in Italia” è stato proiettato a Los Angeles, al NewYork Film Festival e ha
suscitato grande interesse. Le proiezioni della parte in cui si vedono “Roma
città aperta”, “Paisà”, “Germania anno zero” - fatte dopo l’11 settembre -
hanno addirittura avuto un effetto terapeutico. Suscitando nel pubblico una
sorta di ritrovata capacità di reazione alla guerra, alla tragedia appena
accaduta».
A proposito di 11 settembre: chi
potrebbe portare sul grande schermo questa tragedia?
«Non so se esista un Rossellini americano. Credo che su questo tema verranno fatti diversi film».
Prevede un seguito al suo “viaggio”?
«Sì. Vorrei arrivare alla metà degli
anni 60-70, parlare degli stessi registi ma “a colori”, vedere come è cambiato
il loro carattere. Ma anche parlare di film come “I pugni in tasca” e “Prima della
rivoluzione”. Opere che ho visto quando avevo già deciso di fare cinema e che
quindi mi hanno influenzato come regista, non più come figlio di emigrati. Non
ho fretta, ho impiegato 5 anni a realizzare il primo “viaggio”».
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